Fine anni ’90. Jamie (Jake Gyllenhaall) è un rampante informatore farmaceutico che cerca fortuna vendendo anti-depressivi e Viagra, ingraziandosi dottori e infermiere (queste ultime a letto). Maggie (Anne Hathaway) è un’artista pittoresca e anticonformista che di amore non vuole saperne nulla, ma di sesso ne fa parecchio, senza pensare al domani: il Parkinson al primo stadio blocca ogni fantasia di metter su famiglia. I due si incontrano, soprattutto biblicamente, dovunque la passione li prenda: nel ripostiglio delle scope di un caffè, in un vicolo buio e fumoso sotto la tipica scala d’emergenza dei film americani dove tutto accade, per strada, a casa di lui, a casa di lei. Jamie, dopo essersi presentato a più riprese come lo stronzo più stronzo dell’Ohio, ritorna sui suoi passi, si innamora e dice addio alla sua vita da tombeur del femmes. E lei, ci starà?
“Amore e altri rimedi“, un titolo che non rende giustizia all’originale “Love and other drugs“, è un film che parla d’amore in modo semplice e stereotipato. Edward Zwick (Vento di passioni, Blood Diamonds, L’ultimo samurai) sa, da regista, come far muovere le due pedine sullo schermo, in modo da colpire l’unico target di riferimento per questo film: le ragazze dalla lacrima facile che adorano i playboy redenti dall’amore di una lei che ha saputo tener loro testa. Da Pretty Woman in poi, il farfallone che si trasforma in patatone fa breccia nel cuore delle donne. Non a caso il protagonista di questa commedia è un divo di Hollywood ormai consacrato a sex symbol: Gyllenhaal, figlio e fratello d’arte, ex Donnie Darko, ex cowboy gay, con i suoi capelli arruffati da “mi sono appena alzato e sono terribilmente sensuale” e i suoi sguardi malandrini, fa tremare le ginocchia non solo a noi ragazze frignone in attesa dell'(inevitabile) happy end, ma anche alla Hathaway, che dopo essersi mostrata nuda a più non posso, di sfuggita anche frontalmente (per tutto lo scorso anno non s’è parlato altro che di queste scene hot come traino alla pellicola), crolla senza ritegno alcuno tra le sue braccia.
Una cosa che si subodora dai primissimi secondi di questo film incomprensibile agli uomini. Amore e altri rimedi (ma l’amore è un rimedio? E’ una droga? E’ entrambi?) mette in scena un copione classico e rassicurante che nell’ordine raffigura il lui e la lei antagonisti, che cominciano a conoscersi facendo sesso selvaggio e poi piano piano si avvicinano, poi si allontanano, fino all’epica scena dell’inseguimento di lui che la raggiunge bloccandola quando sta lì lì per andare via. Nei film americani c’è sempre un video con lei che fa la scema da riguardare facendosi male quando se ne sarà andata, c’è sempre un “Ti amo” da spiattellare quando meno te lo aspetti, c’è sempre una scalata al successo che verrà bloccata inthenameoflove. I due protagonisti, già amanti ne “I segreti di Brokeback Mountain” di Ang Lee, sanno portare avanti questo ruolo con saggezza scenica e ironia: il Parkinson c’è ed è un problema reale, ma non è vissuto come un dramma di cui lamentarsi; la caccia al Viagra, miracolo degli anni ’90, quella all’antidepressivo come unico rimedio (o droga?) all’instabilità della vita descritta con ritmo e intelligenza.
“Amore e altri rimedi“, anche se scontato come l’arringa di difesa di Berlusconi al processo, piace alle donne frignone, a quelle un po’ più lucide, piace perché Jake Gyllenhaal non è bello ma appassiona e perché la Hathaway rassicura con la sua bellezza Juliarobertsiana e il suo sorriso tutto denti.
Voto: 7
Lacrime da bimbominkia: tante
Recensione pessima da vero bimbominchia!