Sui blogger, sui brand che collaborano con i blogger e sui blogger che elemosinano prodotti.
Io lo ricordo ancora il mio primo evento ufficiale da blogger. Era il 2008 e ancora non si faceva alcuna differenza tra le categorie: gli eventi erano degli zupponi, con un mix di giornalisti e di giovani leve del web che non sapevano bene ancora dove andare a parare. Facebook era in ascesa ma non ancora esploso e mai nessuno ti richiedeva il live su Twitter e Instagram perché Twitter era ancora in divenire e Instagram non era neanche nei pensieri di Dio. Grazie a quell’evento mi portai a casa un pacco enorme di shampoo: talmente enorme che credo di averne ancora dei campioni in giro per casa. Ero felice perché quelle cose succedevano solo alle giornaliste e io iniziavo, all’epoca, ad affacciarmi sulla rete: insomma, mi sentivo una privilegiata perché non era normale essere considerata parte integrante di un meccanismo di marketing e comunicazione che fino ad allora era solo per pochi eletti.
Da allora di tempo ne è passato e di regali, con richieste più o meno velate di recensione (positiva) ne sono arrivati tanti, soprattutto tra il 2010 e il 2012, anni del boom delle Digital PR – così si chiama quel particolare settore della comunicazinoe che implica il coinvolgimento degli opinion leader della rete per la promozione di un brand. Ho ricevuto make up, vestiti, ho ricevuto poster di boyband sconosciute con un cd e canzone dedicata solo a me, profumi, cibo, inviti a eventi, mostre, prime, gite fuori porta, cene esclusive. Quando i PR hanno capito che il mercato era saturo – ovvero che i blogger consideravano ormai normale vedere più il postino o il corriere con pacchi alla mano che il fidanzato – hanno cominciato a inviare pacchi a sopresa. La tattica era: non ti dico cos’è e anche se non la vuoi, perché non parli di prodotti sul tuo blog, io te la mando lo stesso. Così ho ricevuto un aspirapolvere – anzi, un paio; un mazzo di carciofi; svariati inviti inoltrati da banche, enti del turismo del Sud Est Asiatico e ci mancava solo mi inviassero anche gattini e cupcake chiedendomi di fotografarli per Instagram (centrando, per altro, il trend).
Insomma, sono passati 5 anni dal primo pacco di shampoo ricevuto “perché sono blogger” e posso dire, come tanti altri colleghi della prim’ora, di essere nelle liste di qualunque agenzia di PR d’Italia, perché lo sanno tutti come si costruiscono i database e che una volta che dai la mail a uno di loro gli stai dando l’anima tutta.
Da allora, ho rifiutato tanti regali, perché, semplicemente, ho deciso di dare aria a questo blog, o ai miei canali, e parlare solo di quello che mi piace. In più mi interessava avere aspirapolveri e kit di ricostruzione d’unghie gratuitamente meno che comprarmeli coi miei soldi, perché spesso sono cose che non mi servono, in questa vita, nell’altra e nell’altra ancora. Altri blogger hanno compiuto scelte differenti e lavorano di promozione tutti i giorni: ma anche questo è marketing.
Specializzandomi sono diventata una PR anche io: perché ho colto le dinamiche applicate su di me, le ho affinate, ho fatto valere i contatti costruiti, tassello dopo tassello, nelle decine di eventi cui ho partecipato all’inizio della mia carriera, per “fare PR“, appunto.
Il web è un piccolo paese, ci conosciamo tutti. Quindi va da sè che nell’ambiente si parli. E si parla sia della blogger supermegafamosa che elemosina all’ufficio stampa delle griffe l’invio in front-row alla sfilata, sia di quella sgrammaticata che però è tanto attiva sul live-twitting e fa contenti tutte le aziende con cui lavora. Si parla sicuramente di me, che vengo percepita sia come addetta ai lavori che come blogger e sa Dio cosa diranno ( e comunque ci sta: si può avere un’opinione su chiunque) e si parla delle nuove leve, che hanno visto il successo delle varie top – ormai professioniste in un determinato settore, che erano lì all’inizio e ci sono ancora adesso – e cercano di intrufolarsi a colpi di proposte di collaborazioni.
Ecco, tutto questo preamobolo, per dire: siamo blogger o siamo accattoni?
Gestisco fan page Facebook di clienti che hanno a disposizione effettivamente prodotti da testare per i top-users, in relazione a criteri definiti da me, che sono una consulente, e dal marketing: a quelli che rispondono a questi criteri mandiamo i prodotti, e solo a quelli.
La trafila quotidiana però, mi vede basita davanti a messaggi come questo:
salve volevo proporle di sponsorizzare e recensire i vostri prodotti sul mio blog personale in cambio di prodotti da testare. trovo i suoi prodotti davvero interessanti e particolari in quanto prodotti personalmente da voi. Credo che una sana pubblicità aumenterebbe le vostre vendite come ho già fatto con altre aziende infatti questo è il secondo blog. Complimenti per cio che create, mi farebbe davvero piacere collaborare voi.
Oppure
Buongiorno, il mio blog si occupa di scrivere e pubblicare articoli e recensioni su diverse aziende operanti in differenti settori, descrivendone le caratteristiche dell’ attività svolta, parlando anche di alcuni loro prodotti (se si tratta di prodotti di cucina inserire anche una ricetta) in modo da far conoscere ai miei lettori i tratti principali dell’ azienda e le caratteristiche dei suoi prodotti . Come potrà notare, sul mio blog ho già intrapreso collaborazioni con le aziende, collaborazioni che consistono nell’ inserire il logo dell’ azienda nel mio blog, con link al relativo sito e nel pubblicare un articolo che parli sia dell’ azienda sia di alcuni loro prodotti, inserendo nell’ articolo logo aziendale e link al sito, oltre che immagini dei prodotti . In cambio, l’ azienda si impegna ad inviarmi alcuni prodotti gratuitamente, scelti dall’ azienda stessa.
E’ giusto che pensiate: se questi blogger hanno “già intrapreso collaborazioni con le aziende, collaborazioni che consistono nell’inserire il logo dell’azienda nel blog” c’è qualcuno che ha abboccato. E sicuramente la potenza di fuoco che ha il passaparola – sotto forma di banner su un sito qualunque, o di recensione (sempre positiva) – ha sempre il suo perché, quindi è possibile che “con una sana pubblicità si aumenterebbero le vendite” (anche se ho i miei dubbi).
Io però adesso voglio sentenziare, non tanto da addetta ai lavori, quando a livello umano. A livello umano mi viene da dire: andreste mai dal vostro fruttivendolo di fiducia, chiedendo gratis delle mele perché così, esponedole in soggiorno e parlandone con le amiche, aumentereste le sue vendite?
Io non ce la farei: piuttosto le compro, le mele e poi se sono buone ne parlo con le amiche e se piacciono alle amiche torno dal fruttivendolo a dirgli: “Sai che ti ho mandato due nuove clienti?” e il fruttivendolo per ringraziarmi potrà dirmi “Grazie!” e magari la volta dopo mi farà lo sconto, oppure mi regalerà una mela, oppure niente di tutto questo, e ci starebbe pure, che non è che la gente apre attività per regalare cose.
Chi è senza peccato scagli la prima pietra e non sarò di certo io a lanciarla: ho ricevuto, dunque accettato, regali dai PR, regali delle aziende, ho usufrutio di sconti, ho fatto viaggi gratis, ho avuto in dono creme e rossetti, mazzi di carciofi e aspirapolveri. Ho provato a scriverne più sinceramente possibile; quando non ce l’ho fatta ho glissato, ma sono stata ripresa e dunque costretta a parlarne per questione di etica professionale (sempre che il Ti do dunque mi dai possa essere ritenuto tale); quando proprio non mi interessava ho detto no, grazie, non lo voglio e da un annetto a questa parte ricevo solo regali carini, personalizzati, dunque apprezzabili proprio perché tali. E senza nessun obbligo: non ho spazi per banner sul mio blog, ho solo un account Twitter, un profilo Facebook e uno Instagram in cui, se mi va, parlo del ristorante in cui sono andata ieri, ma solo perché per me i social network sono un agglomerato di amici e conoscenti, e sarebbe come dirglielo di persona, “vai lì perché è buono”.
Però su una cosa posso mettere la mano sul fuoco: mai mi sarei sognata di mandare una mail agli uffici stampa per chiedere un trattamento di favore e come me, tanti altri professionisti che lavorano seriamente nel settore e si sono fatti le ossa quando ancora “questo settore” non era che una bolla di sapone.
Ecco, io la pongo a voi la domanda che fa da titolo al post: siamo blogger o siamo accattoni? Davvero non possiamo vivere senza il kit di pomodori gratis dell’azienda X? Vale davvero la regola “Se non posso guadagnarci soldi, almeno guadagnarci prodotti?” e quando siamo arrivati a questo punto? A voi la risposta.
***
Un po’ di link utili sul mestiere del blogger (e se avete altri articoli validi sul tema sottomano, segnalatemeli)
- Professione Blogger di Sonia Grispo su Trendandthecity parte 1 e 2
- Diventare Blogger professionisti: cose da fare (e da evitare), la mia guida su Bigodino.it
Maurizia - Torino Style says
Molti blogger sono degli accattoni quindi le aziende ci trattano TUTTI da accattoni. Il problemi per me sono due: 1. perchè un blogger che recensisce positivamente qualunque cosa dovrebbe essere credibile? 2.perchè un blogger trattato da accattone dall’azienda X al posto di offendersi va in giro a cantarne le lodi, che ci fate con la cassetta di pomodori, la rivendete al mercato nero e ci pagate l’affitto di casa?
Alessandro says
😀 che strano articolo…
Leggerlo poi dopo pranzo e arrivarci da G+ rende la cosa ancora più strana.
Personalmente ho commesso taaaanti peccati, ma nessuno di quelli qui indicati. È una scelta binaria, puramente informatica, senza vie di mezzo: o sei blogger e sei accattona. Non dipende dagli altri. È una scelta personale.
Personalmente ritengo che la liberta… non abbia prezzo! Per tutto il resto c’è…
In bocca al lupo.
IL CRIONISTA says
Scrivo sul mio blog dal 2005 e bazzico sul web almeno dal 1997. Leggendo questo ottimo post ho scoperto un mondo che non sospettavo. Mai un regalino, mai una richiesta, mai una proposta. Insomma mai una lira… Che devo fare? Chiudo baracca e burattini? 😉
Giovanna Gallo says
@ilcrionista ah, caro mio, mi sa di sì! 😛 se vuoi dei retroscena ancora più succosi te li scrivo in privato 🙂
monica says
Io ho iniziato nel 2010, guardavo gli altri blog pieni di collaborazioni e mi sembravano dei giganti inarrivabili, delle “testate” alle quali si rivolgevano le aziende per avere spazio pubblicitario per i loro prodotti. per qualche giorno ho anche timidamente attivato adsense, essendo su piattaforma blogger, ma mi facevano orrore quei messaggi al neon che “sporcavano” la mia piccola creatura. Per istinto allora più che per ragionata decisione, non ho mai accettato collaborazioni in quanto tali; i blog con ricette e 10 link non mi attiravano anche se non ne capivo il perchè. E a onor del vero non arrivandomi tante proposte non me le sono andate a cercare. HO mantenuto un profilo editoriale pulito, parlando di prodotti o eventi solo come “le mele buone comprate dal fruttivendolo”, solo perchè parte di un progetto, o inerenti a una iniziativa in linea con la mia idea di cibo. Ora questo tema attuale di cui parli, ha cominciato a inficiare la reputazione del buon blogger, cioè colui il quale parla di cibo e di esperienze di cibo, liberamente senza condizionamenti, come una sorta di diario di viaggio. Molti reputano il blogger un insetto fastidioso, un accattone come dici nel titolo, non facendo una giusta differenza come si fa tra testate, tv media o prodotti differenti. Ma la questione è lunga credo. un ottimo psunto lo hai dato sicuramente qui. a presto monica
Giovanna Gallo says
@monica grazie monica per il tuo commento, che apre molte porte, ovviamente. Forse non è neanche il caso di socchiuderle, in questa sede 🙂
Monica Moretti says
Ciao Giovanna, il problema è la moltitudine. Quando il vostro mestiere nel 2008, anno in cui è iniziata la crisi, era per pochi eletti (non tutti professionalmente capaci ma semplicemente fortunati per essere stati i primi) il problema non esisteva. Ora si trovano blogger (più o meno capaci) un po’ ovunque e “specialisti” in social media marketing ad ogni angolo di strada. È il mestiere che ha permesso a tanti di sopravvivere alla crisi ma ora che lo stesso profilo professionale è in mano a cani e porci, ci sono in giro un sacco di tragattini (io li definisco così) che sapendola raccontare, si svendono pur di strappare uno straccio di contratto di lavoro. Credo dovremo abituarci alla loro presenza e quello che farà la differenza sarà la vostra autorevolezza, la vostra conoscenza del mezzo e la vostra professionalità. Alla fine i tragattini si elimineranno da soli, tu continua a comprare le mele e, se sono buone, a passare parola.
IL CRONISTA says
@Giovanna, in realtà speravo che mi rispondessi di continuare a scrivere i miei pensieri sulla politica e la società come ho sempre fatto, senza tentare di guadagnarci sopra se questo vorrebbe dire vendere anche le mie idee. Cosa che del resto dici molto bene nel tuo interessante post 🙂 e sotto sotto nella tua risposta;) Ma sarei lieto di sapere da te cos’altro possa capitare a un blogger 😉
P.S.
Dimenticavo! Una volta sono stato invitato a partecipare a una trasmissione sulla Rai che parla di politica, e sono andato. Ma questo è tutto. Avrei dovuto poi “coltivare” le conoscenze acquisite, fare il ruffiano, ma non è mai stato nel mio, seppur scassato, stile 🙂
A presto.
Giovanna Gallo says
@ilcronista: è ovvio che scherzo. Te lo dice una che ha sempre saputo bilanciare le sue entrate e (fortunatamente) ha saputo cogliere delle occasioni anche se erano gratis. Per sempio ho scritto su un famosissmio giornale online per 6 mesi a gratis, poi ho detto basta perché quella collaborazione me ne aveva protata un’altra a pagamento. Però ho subodorato la visibilità e il bicchiere mezzo pieno, insomma, non sempre si può pretendere l’obolo. Bisogna saper scindere e costruirsi delle collaborazioni stabili (o magari si ha un altro lavoro, che ne so) in modo tale da potersi permettere di scegliere di fare anche cose a gratis, ogni tanto, perché sono belle anche senza un compenso. Questo non vuol dire che il lavoro di chi fa quello che faccio io non debba essere pagato, anzi, tutto il contrario, è una pretesa più che legittima, ma in alcuni casi – solo in alcuni – se ne trae vantaggio indirettamente: bisogna essere furbi e capire cosa si puàò chiedere e cosa possiamo avere in cambio, se non soldi. Non so se mi sono spiegata 🙂
Anna Carella says
Ho riso molto leggendo questo post, perché hai riassunto alla perfezione ciò che penso da tempo. Ho letto anche i commenti degli altri blogger ed ho scoperto che ciascuno di noi definisce i blogger-accattoni con un nomignolo diverso. Io le definisco “tuttologhe”! Accanto a cosmetici, di qualunque brand spesso sconosciuti, trovi guanti di gomma e strofinacci per pulire i pavimenti…nonché scatole, scatole e scatole. Ma come si fa a scrivere 4 post su delle scatole? Eppure ci riescono! In passato ho riempito il mio blog di cartelle stampa…. ora anche io ho ridato una vita nuova al mio blog, tornando a parlare SOLO delle mie passioni e di prodotti che ho realmente testato e acquistato. Un abbraccio
Giovanna Gallo says
@anna grazie mille per il tuo commento! Come la penso, lo sai già 🙂
Cristina Lodi says
post onesto e purtroppo molto reale…
un abbraccio
Cri
Michela says
Giovanna sei assolutamente geniale!