La domanda che mi pongono più frequentemente ai corsi di formazione non è “Come faccio a vendere sui social?” oppure “Come si gestisce un account Twitter?” e neanche “Come faccio ad aumentare i followers su Instagram?“, ma è un quesito bello sostanzioso. E cioè: “Come faccio a risultare simpatico online?“.
Tutti vogliamo essere se non apprezzati, quanto meno piacevoli per il prossimo. Vale per la vita di tutti i giorni come per quella online; e se diciamo qualcosa – o la scriviamo – è perché vogliamo che piaccia a chi ci ascolta – o ci legge. Figuriamoci poi se della nostra presenza sul web abbiamo fatto un lavoro: lì entra in gioco il Personal Branding, che è sostanzialmente la deriva di comunicazione che tocca il singolo individuo e lo trasforma in un “prodotto”, in qualcosa che “può essere venduto” e che quindi, per giungere a questi risultati, deve piacere.
Alcuni prendono davvero sul serio questa missione, quella cioè di trasformarsi in prodotto: potremmo definire packaging di questi super-utenti i loro profili social, vetrina su cui parlano di sè stessi e del loro lavoro. La loro missione è fatturare. E per fatturare devono prima piacere.
Allora, come rispondo ai corsi alla domanda “Ma come faccio a essere simpatico online”? Di solito parto dalle cose da non fare. Sono cinque, eccole:
- Creare un personaggio che non corrisponde alla realtà: la sognatrice convinta, il perennemente incazzato, il ribelle contro il sistema, il corretto a tutti i costi, il lavoratore incallito, la svampita, la sindacalista. Quante cose possiamo essere dietro uno schermo? Non è sempre detto che queste attitudini corrispondano a come siamo effettivamente. A volte diventiamo ciò che piace di più, e ciò che fa tendenza. Nei nostri post ci presentiamo in un modo, ma dal vivo non veniamo riconosciuti. Ed evitare che chi ci segue tutti i giorni parli di noi come “il tizio che online è fighissimo e dal vivo sembra un altro” dovrebbe essere il nostro primo obiettivo.
- Non vantarsi: leggo continuamente status di persone che si vantano di quello che fanno. Il cliente X mi ha detto che sono bravo, l’azienda Y mi ha fatto i complimenti, ho ricevuto una lettera strappacuore da un mio lettore in cui mi dice che sono speciale. Sono cose bellissime che scaldano l’anima tutta, ma evitate di cedere al celolunghismo digitale. Oppure trovate un modo di raccontare i vostri traguardi che non trasudi spocchia. L’umiltà paga anche sui social.
- Non modificare la propria immagine: pelli candide, cosce longilinee e labbra turgide. Quando lavori con la tua immagine, essere perfetti non solo nei modi ma anche esteticamente è fondamentale. Non dimenticate che avete una vita vera, non solo online. E se frequentate gli eventi per addetti ai lavori, prima o poi la gente vi vedrà dal vivo, e non hanno ancora inventato gli occhi-Photoshop che facciano da filtro.
- Essere troppo presenti: non uno, non due, non tre, ma quattro status al giorno. Non una, non due, non tre, ma quattro foto su Instagram. Il counter dei vostri tweet è sfinito. Di solito la prima cosa che si dice è furba e piace, le altre sono un contorno che serve per “esserci”. Evitate la sovraesposizione soprattutto quando non avete da dire niente di veramente interessante.
- Avere un’opinione su tutto: neanche io che mi vanto di avere un’opinione su tutto ho davvero un’opinione su tutto. Se ho sempre parlato di latte di mandorla e di orzata non so nulla, non mi metterò a parlare di orzata solo perché è trendy o acchiappalike. Le forzature sono più evidenti dei baffetti schiariti.
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