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Ho la sindrome della pagina bianca

20 maggio 2016 | Scritto da Giovanna Gallo | 7 commenti

Una volta scrivevo tutti i giorni, anche quattro volte al giorno. Scrivevo molto per lavoro e con un sacco di piacere, perché, a quei tempi, lavorare era davvero un piacere.

Ho fatto un sacco di cose, con le parole, cose che non pensavo di riuscire a fare prima dei 30 anni. Ero una blogger, era il mio lavoro. Lunedì lascio i vent’anni alle spalle e ho già due libri pubblicati e tanti articoli su magazine importanti alle spalle.

Dov’è finita quella me?

L’altro giorno leggevo un articolo di Mariachiara Montera, consulente di comunicazione digitale che ho il piacere di chiamare amica. Mariachiara racconta nel suo pezzo di non voler più essere una blogger, perché, da addetta ai lavori, si è spesso trovata nella situazione di non riuscire a separare le due figure. Rivendica così in questo suo bell’articolo il suo essere solo una cosa, che però ne racchiude dentro veramente tante altre.

Dopo aver letto questo pezzo, ben scritto, lineare, poco verboso e diretto – elementi che invidio a chi sa usarli con scioltezza, io non ci riesco quasi mai – ho provato a farmi un esame di coscienza, a chiedermi perché non scrivo più come una volta. A chiedermi, a dire il vero, perché non mi venga voglia di scrivere come una volta: l’averne voglia è sempre stato il mio unico carburante, perché, se non ho voglia di scrivere, non viene fuori niente di bello.

Forse ho la sindrome da pagina bianca. Anzi, alla pagina bianca non ci arrivo neanche, perché non mi viene voglia di averla davanti. Il risultato di qualunque “malattia” io abbia è che non scrivo più, non posso più definirmi una giornalista, una blogger, una scrittrice.

Venire a patti con questa verità mi turba molto, perché ho sempre pensato che togliendomi la prerogativa della scrittura, di me non sarebbe rimasto poi molto.

Volendo dare una colpa a qualcuno, potrei darla ai social. Se devo raccontare una cosa divertente, io la scrivo sul mio profilo Facebook. Interazione immediata, feedback immediato. Ho abbandonato Twitter e mi sono buttata su Instagram: se vedo una cosa bella, la metto là. Poi è arrivato Snapchat, in cui parlo in video e sfogo opinioni non richieste.

Potrei dare la colpa al tempo che manca, al lavoro che prende tempo, alla maternità, alla stanchezza.

La verità, nuda e cruda, è che non ho abbastanza parole oltre a quelle che già dico.

E questo fa abbastanza male, per chi sognava, da grande, di vivere di questo: parole.

Ho però capito che posso ancora ritrovare la voglia di ricominciare a fare quello che penso di saper fare bene, e il modo è uno solo: leggere chi ha ancora qualcosa da dire.

Scoprire nuovi blog, seguire dei giornalisti, appassionarsi a un articolo, mi fanno tornare voglia di scrivere.

E quindi leggerò. Invidierò le frasi lineari ed eleganti che sono venute fuori dalla testa di qualcun altro. Penserò “Avrei voluto dirlo io, proprio così” cento volte. Altre cento mi odierò per non averlo fatto, quando avrei potuto. Eviterò chi si vanta, chi scrive per ingordigia di complimenti, chi si forza a raccontare solo per farsi dire Brava. Scorrerò pagine fino a farmi piangere gli occhi, mi appassionerò alla vita di sconosciuti solo perché sanno raccontarla bene; ricomincerò a comprare le riviste, a riconoscere le firme come facevo una volta.

Non voglio più essere quella che non scrive. Non voglio più essere quella che svende le cose che ha da dire in due righe non ragionate. Non voglio più invidiare chi sa raccontare le cose, voglio tornare a essere quella che racconta le cose.

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Voglio tornare al momento della foto: un secondo libro appena pubblicato, la gioia di presentarlo davanti ai miei amici in Calabria, il mare dietro, un microfono in mano. Sono una donna, una mamma, una professionista, una figlia, sono cento volte amica, sono collega, sono tutti i giorni tutte queste cose, me ne manca una: io sono quella che scrive. Senza quello, non mi riconosco più.

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Categoria: Freelance
Tag: cosa fanno i blogger, essere blogger, scrittura, scrivere

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Commenti

  1. Barbara says

    20 maggio 2016 at 10:47

    E io voglio tornare a leggere quello che scrivi, quindi…forza!
    Un abbraccio,
    Barbara

    Rispondi
  2. Valeria says

    20 maggio 2016 at 10:53

    Dico solo #daje! Torna perché fa bene a noi e a te. :*

    Rispondi
  3. mariagrazia tomarchio says

    21 maggio 2016 at 11:09

    Ti seguo su snapchat. Mito 🙂

    Rispondi
    • Giovanna Gallo says

      25 maggio 2016 at 11:27

      @mariagrazia: pensa che io invece mi sento scema! 😀

      Rispondi
  4. michelotta says

    24 maggio 2016 at 19:57

    Ed io aspetto solo di leggeerti. <3

    Rispondi
    • Giovanna Gallo says

      25 maggio 2016 at 11:27

      @michelotta: grazie!

      Rispondi

Trackbacks

  1. Sul perché non bisogna “esserci per forza” – Giovanna Gallo ha detto:
    25 maggio 2016 alle 11:58

    […] Ho la sindrome della pagina bianca […]

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