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Sul perché non bisogna “esserci per forza”

25 maggio 2016 | Scritto da Giovanna Gallo | 4 commenti

Mentre ero incinta mi sono resa conto a un certo punto che non avevo più voglia di scrivere. Metà del mio lavoro è essere presente e attiva online, e non avevo voglia neanche di quello. Mi sono accorta quando ormai stavo per partorire che erano mesi che non scrivevo sul mio blog: eppure mi sono definita blogger per molto tempo, e per molto tempo non ho fatto altro che raccontare me stessa e gli altri attraverso parole messe nere su bianco su un foglio virtuale. Per molti anni scrivere è stata la mia ossessione; lavorare con i giornali, pure; pubblicare libri, un sogno. Ero incinta e avevo fatto già tutto, e la gravidanza, oltre a togliermi litri di sangue e insegnarmi la sottile arte dell’ansia rivolta a un essere che è dentro di te ma non sei tu, mi ha tolto ogni voglia.

In quel periodo non pubblicavo foto su Instagram per settimane: agli occhi di un profano può sembrare assurdo – e lo è in effetti, non è mica una prescrizione medica che se non lo fai ti sbrindelli in mille pezzi. Insomma, a parte fugaci apparizioni, sono sparita. Eppure ho fatto mille cose, in quel periodo lì. Non le ho fotografate: sono accadute ugualmente, ed è stato bellissimo.

Quando nasce un bambino il mondo si capovolge. Non c’è frase fatta più banale di questa per far capire cosa succede a una donna nel post-parto. Per venire fuori da quella nebbia iniziale ci ho messo un po’. Non è un modo di dire: non hai davvero tempo per pensare a niente. Se ce l’hai, è perché hai delegato ad altri quello che dovresti e potresti fare tu, il che non è un male, solo una fortuna. Io non ho avuto aiuti e non avevo tempo per fare molto, figuriamoci per curare la mia immagine online.

Per reazione all’abnegazione con cui ho ricoperto il mio ruolo di mamma nei primi mesi, ho cercato di tornare ai ritmi dei vecchi tempi. Nel frattempo ho visto sfumare la possibilità di pubblicare un nuovo libro con una grande casa editrice, il tutto per scelta – non so cosa scrivere, non ho voglia di scrivere, dunque non scrivo e se lo faccio, mi viene male – ho visto un sacco di colleghi fare carriera e passarmi avanti, impegnarsi nel lavoro come io mi impegno quotidianamente a far star bene mia figlia e il mio compagno, e a star bene io, li ho visti metterci la passione che io stessa mettevo all’inizio, quando non sognavo altro che diventare qualcuno.

Il mio telefono un tempo squillava sempre per lavoro, ora squilla grazie alle chiamate degli amici: come volevo io. In mail trovavo sempre inviti e carinerie in arrivo: ho tagliato ponti e smancerie, ché il tempo è troppo poco per sprecarlo a parlare di cose che non ci piacciono per niente. Ho detto dei no e le porte si sono chiuse. Nel frattempo il mondo in cui lavoravo è cambiato, sono cambiati i nomi, sono cambiata io e non ho rimpianti.

Essere mamma è per me un’esperienza totalizzante. Lo è ancora adesso, mentre con Elena è cominciato quel distacco che la porterà un pizzichino alla volta lontana da me. Essere mamma ha rimesso in quadro le cose davvero importanti. Non mi importa niente di apparire quella che non sono: una patinata mamma che si gode la maternità in attesa di riprendere la vita di prima. Io non voglio tornare quella di prima. Io adesso mi sento migliore di quella che ero.

Non mi importa più di sbandierare al vento i fatti miei: a volte inizio a scrivere qualcosa che riguarda me, o Elena, o il mio compagno, quello che abbiamo fatto o faremo, cose che ho comprato, cose che ho mangiato, cose che ho pensato e poi cancello tutto.  Se annoia me dirlo, perché dovrebbe importare a te leggerlo? Vi fate mai questa domanda quando raccontate di voi pubblicamente? Provateci: metà delle cose che avreste detto finirebbero nel cestino.

Non voglio mica esserci per forza, sempre e comunque. Elena, me lo hai insegnato tu.

Devo esserci meglio, bene, al massimo della forma, devo esserci quando mi va, quando sono ispirata, quando quello che ho da dire è utile a qualcuno, fa ridere davvero, fa ragionare.

Ci devo essere quando ha senso. Senza, è solo rumore.

 

 

 

 

 

 

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Categoria: Freelance
Tag: blogger, essere blogger, nozioni di personal branding, scrivere

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Commenti

  1. Ida Galati says

    25 maggio 2016 at 12:57

    Questo pezzo, Giovanna, valeva davvero la pena scriverlo.

    Rispondi
    • Giovanna Gallo says

      26 maggio 2016 at 9:29

      @ida Grazie davvero 🙂

      Rispondi
  2. Valentina Gattei (@Valuita) says

    25 maggio 2016 at 13:35

    Giò che ti adoro te l’ho già detto vero? Beh, te lo ridico <3

    Rispondi

Trackbacks

  1. Come si usa Snapchat? La guida semiseria – Giovanna Gallo ha detto:
    9 giugno 2016 alle 12:01

    […] Quindi non è che bisogna proprio esserci per forza: siete curiosi e volete provare Snapchat, e fate bene: è divertente. Alla sera, mentre siete in bagno a ripensare alla vostra giornata, guarderete una a una le Storie dei vostri amici e gioirete insieme a loro dei loro successi. Se vi trovate a vostro agio a raccontarvi in video, raccontatevi in video. Se vi piace vomitare arcobaleni, appiccicatevi in faccia il filtro apposito. […]

    Rispondi

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