E’ successo dopo l’estate, dopo il mare. Dopo i nonni, dopo i baci al sale e dopo i primi assaggi di gelato.
Siamo tornati a casa – una casa nuova, nostra – e abbiamo cominciato a esplorare insieme gli angoli che sarebbero poi diventati la tua capanna, i tuoi nascondigli, quei posti in cui solo tu puoi entrare e in cui ti rifugi adesso, che la casa la conosci bene. Ti copri la faccia con le manine e lasci fuori bocca e naso e occhi blu e noi facciamo finta di non vederti. Elena, Elena, dove sei? diciamo, guardandoci intorno spaesati, mentre tu ridacchi pensando di avercela fatta davvero grossa e poi urli Qua! e noi, tutti stupiti, veniamo a rincorrerti e ad abbracciarti.
E’ successo dopo l’estate, dopo il giardino tutto il giorno, le nanne nel lettino da campeggio e la tua prima candelina.
Stavamo sul tappeto, con i giochi sparsi intorno e tu che gattonavi intorno alle costruzioni. Prima ti parlavo, e tu non mi capivi. Non sono stata una mamma da troppe chiacchiere al pancione, ma quando sei venuta fuori sì, che ho cominciato a dirti cose. Prima mentre sgambettavi sulla palestrina. Poi mentre assaggiavi le tue prime pappe nel seggiolone. E ancora in spiaggia, mentre cercavi di capire che gusto avesse la sabbia. Ti abitui a parlare a qualcuno anche se non ottieni mai risposta e a un certo punto ti convinci che sarà così per sempre. Tu mi guardavi e mi bastava. Mi sorridevi e per me era sufficiente. Può un amore così grosso basarsi su mille domande senza risposta? Sì, che può.
Stavamo sul tappeto, la prima volta che abbiamo parlato davvero. Ti ho detto “Vai a prendere Camilla e pettiniamole i capelli”, ma ero pronta a recuperare la bambola e la spazzola da sola, seguendo il solito schema: io ti parlo, tu mi guardi, io passo all’azione.
Quel giorno però ti sei tirata su. Coi tuoi occhi belli hai inquadrato il gioco di pezza – una bambolina presa ad Ortigia mentre io e il tuo papà eravamo a spasso da soli e, anche se non c’eri, eri presentissima sempre, in ogni passo tra i vicoli, in ogni boccone di caponata, in ogni scorcio o tramonto.
Può un amore così grosso resistere nonostante l’assenza? Sì, che può.
Sei partita con le tue gambe, hai preso Camilla, hai preso la spazzola. Li hai portati da me e mi hai fatto un cenno solo con la testa: Sì.
Dopo 13 mesi di comunicazione a senso unico, di coccole silenziose, di dialoghi solitari, di monologhi e di sguardi, quel giorno, era ancora estate, avevamo una nuova casa da calpestare e arredare, nuovi angoli in cui nasconderci e una nuova bambola da pettinare, quel giorno, Elena, mi hai capito per la prima volta, e per la prima volta abbiamo parlato davvero, anche se di parole non ce ne siamo dette molte.
Adesso, che ti dico le cose e tu esegui come un piccolo soldatino, e distingui il sopra dal sotto, il dentro dal fuori, e conosci a menadito i tuoi libri e mi porti sempre quello giusto, e a Camilla si è aggiunta Anna a cui ora non fai solo da parrucchiera ma anche da mammina; adesso, che dici sempre No! e ti impunti perché sei decisa e sicura, e indichi per mostrarmi dove vuoi andare; adesso, che impari a dire cose, e sono senza senso per tutti tranne che per te e per me; adesso, Elena, io quel pomeriggio sul tappeto lo ricordo come un momento magico, uno di quelli da ricordare per sempre. Più di quando ti hanno tirata fuori da me, più di quando ti ho vista la prima volta, più di quando faticavo, i primi mesi, a star dietro a me stessa e ai tuoi bisogni.
E’ in quel momento, la prima volta che mi hai detto “Sì, mamma, ho capito quello che vuoi dirmi” che ci siamo unite come con l’attak: una striscia di colla resistente, che è fatta di parole e di intese che sono solo nostre.
Questo, ho capito, quel giorno: parlarti è come mettersi davanti a uno specchio di cui sempre, sempre, mi piace il riflesso.
ALittaM says
E vedrai, quali e quante chiacchiere arriveranno… discorsi complicati e buffi e anche molto profondi <3
Giovanna Gallo says
non vedo l’ora cara!
Cristina says
Uhhhh e quante lacrime mi hai fatto versare…
I tuoi scritti sono poesia.
Grazie per aver condiviso il tuo dono.
🤗😍