Le cose belle e le cose così così che mi sono successe da quando sono tornata freelance (con bimba al seguito).
L’anno scorso, mentre lavoravo ancora in ufficio e godevo gli ultimi sprazzi di allattamento, pensavo già a settembre, al ritorno al full time, a dove avrei piazzato Elena una volta tornata ai ritmi normali. Ho vissuto tutto agosto in uno stato di malessere, con la sensazione che qualcosa di bello stesse per finire (lo so, ho la tendenza al melodramma). A settembre ho cominciato a cercare un part-time qualsiasi, in un settore a caso, facendo un buco nell’acqua.
Ci ho rimuginato un po’, mentre i mesi passavano ed Elena trascorreva molte ore, a volte anche 8, al suo nido. Non volevo cedere al fatto che tornare freelance, dopo la mia prima esperienza finita appunto in un’agenzia di comunicazione, poteva essere l’unica strada.
Alla fine, però, ci sono arrivata. Mi sono fatta un piano di business (ne ho parlato qua, se vi interessa la cosa), con obiettivo quello di non scendere sotto il netto che avevo da dipendente, e trovando di conseguenza clienti fissi annuali – un sano mix di agenzie e aziende – per rientrare con le spese.
Ma cosa è cambiato effettivamente adesso che sono freelance e mamma? Butto giù una lista, a sei mesi dall’inizio di questa nuova vita, che mi serve anche per farmi un po’ i conti (non quelli economici, per intenderci) e che magari vi può essere utile, se state pensando di fare una scelta simile, in qualunque settore lavoriate.
- Lavoro meno ore, ma lavoro un sacco: alle 16.30 mi sono data questo paletto, ovvero andare a prendere Elena al nido qualsiasi cosa succeda. Ai miei clienti ho specificato che non posso essere operativa da quell’ora in poi. Loro sono stati comprensivi, dal lato mio io devo fare un sacco di lavoro in meno ore, chiudendo tutti i progetti e le task quotidiane in ballo senza procrastinazioni. A volte è dura, e mi sono ritrovata a lavorare la sera, ma poco male, ne vale la pena.
- Non stacco mai: nelle scorse settimane il mio corpo, di solito decisamente resistente agli urti, ha avuto un piccolo crollo fisico, che ovviamente mi ha portato ad averne uno anche emotivo, dato dalla stanchezza. Gestire senza aiuti una bambina di due anni facile non è, anche se hai la fortuna di poter stare a casa: figuriamoci dopo una giornata intensa di lavoro. Avevo sottovalutato che la mia prima volta da libera professionista era bimbi-free, quindi, in pratica, dopo una giornata di lavoro tornavo a casa, mi mettevo sul divano e basta. Adesso che sono mamma torno a casa e Elena pretende giustamente tutte le mie attenzioni: devo ricordarmi sempre di dosare le mie energie in modo oculato.
- Sto meglio: ho capito che se una cosa mi fa star male, devo cambiarla. Per me è una priorità assoluta, perché se sto male non ascolto i bisogni di chi mi sta intorno, penso solo al mio malessere, e Elena ha tantissimo bisogno di me in questo periodo. Non posso mica voltarmi dall’altra parte.
- Ho ritrovato la voglia di lavorare: ci sono mattine che ho proprio voglia di mettermi al pc e lavorare. Non sono una di quelle che #amoilmiolavoro, ma passare dal non avere più stimoli e voler cambiare settore a svegliarmi piena di voglia di scrivere e di fare è un bel passo avanti.
- Non ho molto tempo libero, ma ho più tempo “buono”: da quando sono freelance sto lavorando moltissimo, e va bene così. Sto condensando molte attività in meno ore, e va bene così. Ho paradossalmente meno tempo, ma quello che ho ritagliato per Elena, quelle due ore in più dalle 16 fino alle 18 che prima non avevo, per me, oggi, valgono le ansie e le paranoie che mi sono fatta l’anno scorso, quando credevo di non essere una brava mamma .
Ci pensavo l’altra sera, a questo luglio che non vuole finire e all’anno che è appena trascorso: sono passata in mezzo a scelte, cambiamenti, dimissioni, ritorno alla vita freelance. Tutto è successo mentre Elena imparava a tirarsi su, poi a camminare, a mangiare da sola e ora a parlare. Mi ricorda che cambiamo sempre e che non smettiamo mai di essere diverse, e che ci mettiamo pochissimo a imparare cosa è meglio per noi e che a guardare indietro vediamo con più lucidità come eravamo e cosa siamo diventate.
Me l’ha insegnato mia figlia: devo dirle grazie anche per questo.
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