Chi sono i blogger, chi sono i giornalisti, chi sono gli Influencer e perché non c’entrano niente gli uni con gli altri.
Non ci crederete mai, ma già nel 2008 l’argomento Io sono Blogger e sono mejo! VS No, io sono Giornalista e sono di più! tirava più che un post gigione di Gianni Morandi. Litigavano tutti: quelli che il blogging l’hanno inventato a colpi di post su Splinder e Myspace e i redattori della vecchia guardia. In un’epoca in cui il Mi Piace su Facebook non stava neanche nei pensieri di Gesù, la questione era già calda. Ci credereste?
Ovviamente sapete già che la settimana scorsa i giornalisti di Vogue si sono schierati in modo decisamente bellicoso contro il nemico comune “Fashion blogger”, rei di rubargli il lavoro e i front raw alle sfilate. Se ne è parlato tanto ma – dal 2008 – non si è riuscito a mettere un punto alla questione. Il problema è che nessuno si è mai messo lì a definire una volta per tutti i ruoli – chi è e cosa fa il giornalista, chi è e cosa fa il blogger – e l’avvento di nuove figure ibride come Youtubers, Web Influencer o gli Instagramers – non fa altro che aumentare la confusione.
Perché dovremmo mettere un punto alla questione? Perché fare il blogger, fare il giornalista e fare il Web Influencer (o l’Instagramers) sono cose diverse, (alcune) di pari dignità professionale ma che operano in ambiti sostanzialmente differente. Quindi, che c’avete da litigarvi il pane, che c’è posto per tutti?
Ad esempio, non tutti lavorano con le parole.
Il giornalista della redazione di un femminile qualsiasi – prendiamolo come esempio perché il Lifestyle è il settore che fa più gola al blogging e dunque risulta la categoria più concorrenziale – lavora con le parole. Il blogger che fa questo di mestiere e si è specializzato in copywriting e in scrittura creativa ha fatto delle parole il suo mestiere. Entrambi scrivono e fanno parte di redazioni strutturate. Usano le parole per raccontare storie o riportarne altre. Entrambi vengono pagati per farlo – chi più, chi (purtroppo) meno. Di certo il giornalista non ha più dignità solo perché è venuto prima e il suo ruolo è riconosciuto da un albo; di certo il blogger non è di più solo perché sa usare un CMS.
Ognuno ha delle competenze che l’altro non ha, perché fare il giornalista in una redazione di un femminile è ben diverso che lavorare come redattore in un network di informazione online: altri ritmi, linee editoriali diverse, tempistiche totalmente differenti. Pari dignità professionale, stesso settore, lavoro differente.
Vi faccio un esempio: ho lavorato con tre grandissime testate italiane cartacee come rubrichista, e per diverso tempo. Ma ho lavorato anche con tutti i grandi network online come blogger, articolista e copywriting. Mi sento esperta di linguaggi editoriali per il web e mi sento esperta di linguaggi giornalistici tradizionali. Ma sapete cosa mi ha risposto – e giustamente pure – una mia ex collega della redazione di uno di questi magazine quando le ho chiesto se ci fossero possibilità di lavorare come collaboratrice fissa del suo settimanale? Che non ho abbastanza esperienza come giornalista per farlo, anche se sono in gamba con le parole e non ho mai cannato un pezzo. E ha ragione: perché io la vita di redazione non l’ho mai fatta e non posso vendermi come giornalista esperta. Posso vendermi per quello che sono: una che sa scrivere e sa all’occorrenza adeguarsi alle diverse linee editoriali e ai diversi linguaggi.
E sia chiaro: se la mia collega redattrice mi avesse chiesto consigli per lavorare nel mondo del blogging, io le avrei detto che no, allo stato attuale delle cose meglio continuare a fare la giornalista dove stai, che lo sai fare bene, per il web non hai esperienza.
Quindi qui aggiungo questo: non tutti quelli che lavorano con le parole possono fare i giornalisti o lavorare come blogger professionisti contemporaneamente, a meno di una forte specializzazione in entrambi i settori. Ma forte davvero, mica per scherzo.
Instagramers, Web Influencer e Youtubers rientrano invece in un ambiente ibrido che, a volte, conteggia a followers la propria esperienza nel settore. Skande qui ha detto bene cosa ve ne potete fare dei vostri numeri. Per uno che ce la fa ce ne sono duecento che sfruttano immotivate basi utenti infinite per millantare successo. Sarò cruda, ma, da addetta ai lavori, autodefinirsi Influencer del web non fa di voi gente che conta. L’auto-etichettatura fa lo stesso effetto dell’auto-Like su Facebook.
Credo che la diatriba blogger vs giornalisti degli scorsi giorni sia stata semplicemente travisata dai giornali di tutto il mondo che hanno riportato la vicenda: Vogue US non ce l’aveva con i blogger – quelli che sanno fare il loro mestiere, per intenderci – ma con tutta quella massa di auto-likers e influencer che hanno trasformato lo storytelling social in una cagata pazzesca, che vendono numeri e non un mestiere fatto bene, e che in realtà sono solo finiti nei giri giusti di PR avventati.
I fatti del mondo da raccontare sono infiniti così come infinite sono le parole. C’è chi sa usarle e chi no. Chi sa usarle ha infiniti modi per farlo.
Secondo me c’è posto per tutti. Ma per te che millanti professionalità no, posto non ce n’è.
Marko Morciano says
“Secondo me c’è posto per tutti. Ma per te che millanti professionalità no, posto non ce n’è.”
Con questo hai riassunto bene tutto!
Ottimo post!
Giovanna Gallo says
@marko: grazie mille!