Ogni servizio giornalistico barra inchiesta barra approfondimento, a un certo punto della sua vita mediatica, ha bisogno di un riassunto. Dati, nomi, resoconti, chi ha fatto cosa, dovecomequando. Il riassunto tiene in memoria dettagli magari persi, li recupera, li fissa nello spettatore che guarda il tg. Il riassunto ripete. Nella sua natura, d’altronde, sta scritto: Ripeti! Ripeti cose già dette, dì a tutti com’è andata, ancora e ancora e ancora.
Sul caso Sarah Scazzi il riassunto l’ha fatta da padrone. Per due mesi a pranzo, a cena, e poi di nuovo a colazione, ogni giorno sullo schermo la sua faccia un po’ di traverso, il suo ombretto chiaro, gli occhi teneri, un po’ assorti, ogni giorno a fissare nella memoria l’identikit della vittima.
Sarah Scazzi, Avetrana.
Sarah Scazzi, appena quindici anni.
Sarah Scazzi, scomparsa, forse uccisa.
Sarah Scazzi, lo zio cattivo.
Sarah Scazzi, la cugina invidiosa.
Sarah Scazzi, la famiglia che sapeva.
Aggiornamenti giornalistici che celano circoli viziosi, per Sarah. Editoriali in cui si dà del tu, a Sarah. Bruno Vespa che fabbrica la casa degli orrori con tanto di palme, per dare un tocco di esotico e realistico all’omicidio. Giornalisti che si contendono gli avvocati difensori degli indagati, live (?) contemporaneamente su due reti rivali, vestiti allo stesso modo, stessa location, in mezzo giornalista indagatrice differente, una a testa, una per Matrix, una per Porta a Porta. E ancora approfondimenti, resoconti, verbali audio, e lo psicologo che psicanalizza, e il criminologo che accusa, la terapeuta che “Si poteva prevedere“, il giornalista che fa stand-up davanti al cancello dell’assassino e rende conto all’Italia degli spostamenti della famiglia Misseri, la conduttrice che lacrima per un figlio morto e poi dà la linea all’inviata davanti alla porta rossa del Grande Fratello. Metà faccia piange, metà faccia ride.
Il turismo mediatico, gli autobus in arrivo dalla Calabria e dalla Sicilia, il sindaco che chiude le strade, i curiosi che passavano di là e si sono fermati per solidarietà, quelli che vogliono indicazioni stradali per raggiungere la casa, per verificare con occhi propri che il garage/luogo del delitto esista davvero, come si potrebbe chiedere la strada per arrivare alla farmacia di turno più vicina.
La faccia indispettita del giornalista che disapprova la processione dei curiosi. Un circo creato dalle loro telecamere, dagli approfondimenti, dai riassunti. La gente deve sapere com’è andata davvero, anche perché tu, professionista dell’informazione, l’hai stuzzicato per mesi, gli hai aperto le porte dei verbali di polizia, gli hai fatto sentire le voci degli indagati, hai aperto le pagine del diario di una quindicenne, hai scavato nei suoi pensieri, hai svelato al Paese intero chi le piaceva, hai mandato in onda dei video che altrimenti sarebbero rimasti in quella cartella nascosta del computer che nessuno avrebbe più aperto, hai spiato la madre della morta, hai cercato nei suoi occhi delle lacrime, hai criticato quando non le hai viste, hai colpevolizzato la giovane assassina perché vogliosa di apparire in tv, mentre rendevi giustizia al suo stesso ego mandandola sui maggiori canali nazionali a tutte le ore, giornonottegiornonotte, hai seguito, insistito, cercato gente che avvalorasse la linea della Procura, c’è l’amica sarta di Sabrina Misseri, una volta le ha cucito un vestito, intervistiamola!, hai scritto una fiumana di parole, hai disegnato il luogo del delitto e il pozzo dell’orrore, hai chiesto L’ha violentata o no? perché le perversioni ti piacciono.
L’Italia è un paese di gente strana. A noi piace guardare l’assassino negli occhi: l’abbiamo fatto con la Franzoni, con Erika e Omar, con Olindo e Rosa, nomi che sono diventati celebri, invece di marcire in galera con i diretti proprietari. Chi dobbiamo ringraziare di questo?
A noi piace guardare l’assassino negli occhi, al professionista dell’informazione piace inquadrarli, quegli occhi.
Chiudiamo gli occhi a Sarah, una volta per tutte. Perché la prima volta è stata ammazzata a tradimento e gettata in un pozzo. La seconda volta l’ha ammazzata l’Italia, i suoi abitanti e i giornalisti.
Chi si farà avanti per darle un altro colpo?
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Samuele Bersani ha detto le stesso cose, molto meglio, anni fa.
i(ro)Nic says
Sottoscrivo. Da ‘spettatore assente’ come sono stato ultimamente, lontano dalla programmazione televisiva e dai telegiornali, ho visto ‘da fuori’ crescere discussioni, parole indignate, commenti schifati, chiacchiere ammorbate. Ci ho messo un po’ a comprendere la portata del fenomeno. Ai pullman stile visita-guidata-a-gardaland-tutto-compreso le cose mi erano ormai chiare da un bel pezzo.
Nella vita di tutti i giorni non c’è spazio per raccontare tutti gli omicidi e le brutture che avvengono in giro per il mondo, neppure per quel che di tremendo succede soltanto nel nostro Paese. Se, però, il contraltare dev’essere la telenovellizzazione di un singolo dramma privato, allora preferirei quasi l’ignoranza ignorante, ignara di quel che accade, piuttosto che quest’ignoranza curiosa e morbosa.
Maxmoto says
Come diceva una Canzone: “…Mi viene il Vomito, è più forte di me…”
Ormai è tutto un gossip, un teatrino costante che toglie ogni sentimento, fa perdere senso alle cose e sminuisce i sentimenti.
E tutto va in secondo piano, tutti si dimenticano con Sarah dei problemi che assillano il Paese, della modifica alle leggi ed alla costituzione per creare impunità, degli operai sui tetti, delle aziende che chiudono, di ragazzi arrestati all’estero e resi alle famiglie svuotati dagli organi, delle belle cose che comunque accadono, ci sono, ma non fanno casino e non distraggono dalla realtà sempre più, per me, in dubbio che sia tale..
Marco says
Purtroppo, più che le trasmissioni di approfondimento, sono coloro che condannano i mass media a cavalcare l’onda del pettegolezzo più becero. “Basta parlare di Sarah Scazzi”, lo dicono in tanti, non lo fa nessuno. Nemmeno qua.
Giovanna Gallo says
@marco: hai ragione. Ci ho pensato molto prima di pubblicare l’articolo, anche se quello che ho scritto lo penso davvero. Ma non posso che dirti: “Hai ragione”. Anche io sono come tutti gli altri, non c’è dubbio.
grazie per il tuo commento, scrivo anche per avere un confronto diretto con chi mi legge, soprattutto su certi temi.
Gio