Il triangolo no! cantava Renato Zero ma sbagliava di grosso. Il triangolo attira, il triangolo è sexy, è struggente, è straziante, può essere hot, può essere sofferto, oppure no. Il triangolo, almeno al cinema, vale sempre e piace, piace tantissimo, soprattutto alle donne.
E proprio di un trio di amici parla La vita facile di Lucio Pellegrini, al cinema da venerdì 4 Marzo. C’è Mario (Pierfrancesco Favino), aitante professorino guru dell’ospedale, burino e maneggione, ricco quanto basta per poter garantire una vita di comfort, una vita facile, insomma, alla sua bella Ginevra (Vittoria Puccini), capricciosetta dama dell’elite romana che mai ha dimenticato l’amicizia con Luca (Stefano Accorsi), anche lui dottore, anche lui innamorato di lei e fuggito a fare il volontario in Kenya per dimenticare. A causa di problemi con la giustizia, Mario raggiunge l’amico in Africa, dove scopre che la vita non solo non è facile, ma può anche essere fastidiosamente vera, reale, complicata: l’ospedale non è nel centro di Roma ma in un assolato campo, e poi ci sono le zanzare, la polvere, il cibo che non basta, e i bambini malati di lebbra, e le tribù che ti minacciano di morte, ci sono parti difficili da portare a termine con pochi strumenti e poi c’è Luca, vecchio amico di gioventù che in questo quadro si è costruito una vita, insieme ad altri volontari.
Quando nei film, soprattutto italiani, c’è di mezzo l’Africa, è quasi normale aspettarsi la riflessione antropologica sullo status di queste popolazioni. Ed è anche una cosa buona e giusta. Così, sin dai primi minuti del film, ti aspetti che qualcuno muoia, sai già che Mario sarà redento dalla sua attività (forzata) di volontario, che Ginevra in realtà ama Luca, che i bimbi dell’ospedale moriranno decimati da qualche strana febbre incurabile, che l’infermiera Elsa (Camilla Filippi), per contrappasso dopo aver aiutato tante mamme a partorire, avrà il bambino che aspetta nelle sterpaglie tra atroci dolori e così via.
Invece La vita facile è proprio una commedia. E si ride, perché Favino è divertente, e poi ti stupisce, perché la Puccini non è la solita donnina dilaniata dal dubbio (“Chi sceglierò, mio Dio, chi sceglierò tra i due?“) ma un’arpia indecisa e insicura che si nutre dell’amore dei due uomini per lei e li sfrutta fino alla fine, fino alla giusta punizione.
C’è il tradimento, ci sono i pugni tra vecchi amici che si contendono la donna, c’è l’Africa e ci sono i suoi problemi, ma sono raccontati in modo lieve, ironico: è uno stile, quello di Pellegrini, che nonostante tutto commuove. E ti rivedi nel personaggio di Favino, al centro di un magna-magna a base di tangenti, ché in fondo la vita facile gli piace ma forse può farne anche a meno e in quello di Accorsi, che in questo film sprizza, dopo anni, un barlume di vita dalle movenze e dagli occhi (non lo avevano imbalsamato dopo L’ultimo bacio?). L’unica che, a livello narrativo, ne esce a pezzi è la Puccini, viscida “cattiva” e opportunista che non si merita la vita facile che fa, nè l’amore dei due uomini che per lei hanno cambiato la propria vita. Però, nel suo essere strana, capricciosa e politically uncorrect, la bella Vittoria è vera e reale, facendoti amare un po’ di più questo film che ti lascia in bocca il sapore dolce della risata e negli occhi la luce della sopresa.
Ho visto il film due settimane fa, se non ricordo male e devo dire che mi sono piaciuto tantissimo i panorami, certe inquadrature da lasciare il fiato e anche la colonna sonora. Ho apprezzato molto Favino secondo me personaggio azzeccatissimo e anche Accorsi c’era abbastanza nel personaggio….lei invece, la Puccini, sembrava messa lì per sbaglio, volevano mettere una bella ragazza e hanno scelto lei ma oggettivamente poteva pure non esserci o potevano mettere un’attrice meno conosciuta e fare meglio.
[Continuo lo sfogo] Altra cosa che non mi è piaciuta è il finale, un po’ deludente rispetto alla prima parte del film. In sostanza io darei un 7 per la simpatia, ma nulla di più : )