Paese che vai, festa di paese che trovi. Che sia dedicata a san Michelunzio o a santa Genoveffa, il diktat è: festeggiare. Inneggiare alla pace tra i popoli tra un panino con la porchetta e una Brasilena è un must primaverile tutto illuminato da luci multicolor. Alle feste di paese del profondo sud, diciamo di un quartiere molto popoloso della Calabria, si balla e si canta fino a notte tarda, si porta a spasso una statua ricoperta di fiori come un balcone rigorosamente a spalle e si lanciano petali in aria cercando di ingraziarsi il santo di turno.
A volte, ma solo a volte, si appendono ai balconi delle coperte barocche, pesanti come sette giocatori di rugby e si lanciano caramelle, cercando di non prendere in testa i partecipanti alla processione.
Quello che più ci piace delle feste di paese calabre sono, nell’ordine: i croccantini di mandorla, lo zucchero filato, quell’odore di peperoni e Wurstel misto a caramella gommosa e i Tamarri. Considerata l’attenzione mediatica per quei burini di Tamarreide (di cui puoi leggere qui una recensione al vetriolo), l’argomento è quanto mai attuale e d’appeal. Ribadiremo in questa sede che il vero tamarro è calabro e viene fuori dalla sua tana soprattutto durante le feste di paese, perché è quello il suo habitat naturale.
Innanzitutto, se vuoi trovare un tamarro doc, di certo non lo incontrerai in mezzo alla folla della processione di cui sopra. Devi andare alle giostre. Quello dedicato alle giostre è uno spazio incontaminato e meraviglioso, rimasto agli anni ’90 come scenografia, un luogo magico in cui Gigi d’Agostino è ancora un Dio e non un vecchio incartapecorito. E’ un posto in cui i Tamarri di tutto il Paese e contee limitrofe si incontrano per dimostrare la propria virilità e possenza giocando a tirare pugni contro la macchinetta, che parla con una voce di donna tra il sexy e l’arrabbiato e che eccita il tamarro doc e la sua bramosia di dimostrarsi superiore davanti al resto del gruppo.
Il Tamarro si presenta alla festa in due modalità: se fidanzato è abbarbiccato alla sua lei e se la porta a spasso passandole un braccio intorno alle spalle e non muovendosi mai da quella posizione, anche se camminare diventa difficoltoso. Se non munito di fidanzata, va a spasso con gli amici, prendendo a pugni la macchinetta apposita, solitamente vestito in modo decontestualizzato: t-shirt strettissima e smanicato di pelo di pecora con 40° all’ombra dell’autoscontro oppure camicia bianca aperta su una collana di dubbio gusto a mò di Tronista di “Uomini e donne” mentre fuori infuria la tempesta di neve.
Da cosa si riconosce il vero tamarro calabrese? Il fatto che non parli in italiano e abbia un’inflessione senz’altro marcata di certo ci permetterà di individuarlo tra la folla. Ma, in mezzo alla bolgia di una festa di paese, com’è possibile trovare dei veri tamarri?
E’ semplice, basta cercare la regina delle giostre, ovvero il TAGADA’: il tamarro sarà lì, al centro della piattaforma, in piedi, mentre cerca di non cadere, surfando e beandosi delle ragazzine che lo ammirano perché riesce a stare dritto sulle note di una canzone qualsiasi di Gigi d’Agostino.
Noi amiamo il Tamarro calabrese perché è così, genuino e senza peli sulla lingua. Il fatto di saper stare in equilibrio sul Tagadà lo pone infine su un piano più alto, perché non è da tutti riuscire a rimanere dritti su una piattaforma che gira, col il peso del piumino d’oca addosso e senza cadere.
bismama says
Il tamarro e il tagadà sono due cose inscindibili!! Ahahah!
E anche il giostraio che urla “Signorina attenta alla gonnaaaaa!!”
:DDD comunque il tamarro è sempre in piedi con le gambe divaricate e le braccia stile equilibrista. Ayeah
Antonio says
Fantastico!! Ogni volta che, mentre sono a lavoro, il reader di Google mi segnala un nuovo post mollo quello che sto facendo e filo a leggere :DDD
Voglio una brasilenaaaaaaaaaaaaaaa!!
antonio says
la calabria e bellissima zitti gay nordici tutti perfetti meglio tamareri
giacobino72 says
Effettivamente la descrizione non fa una piega. Complimenti. Non saprei essere più dettagliato. Parlo da calabrese DOC che abita in Calabria, specificando però che il “Tamarrus brutius” non differisce da quello di altre regioni, se non per il dialetto e a volte per i caratteri somatici. Per il resto il Tamarro non ha confini nel mondo, come del resto pure le persone civili che abitano “anche in Calabria”. Quello che posso affermare con certezza, è che ultimamente vi sono sempre più tagadà. W la Calabria, terra stupenda, tagadà a parte! Saluti.