Cosa succede quando, in occasione di una festività, Nord e Sud si incontrano? Ecco il racconto tormentato e vissuto in prima persona dalla protagonista sulla Pasqua calabrese insieme ai suoceri piemontesi.
Ho contribuito io stessa a creare e alimentare il mito sulla mamma calabra che cucina e spadella come neanche la Parodi in sei edizioni di Cotto e Mangiato. Io stessa ho raccontato di lei ad amici e conoscenti, tutti smaniosi di vederla partire per un tour eno-gastronomico in giro per l’Italia, lei e il suo mestolo. Mentre la figlia inetta si premurava di far conoscere al mondo la sua capacità di cavare un panino da uno strofinaccio, la madre calabra covava un intento: quello di stupire con effetti speciali gli ospiti più importanti che la sua casa avrebbe accolto in occasione della Pasqua: i consuoceri.
La legge dei consuoceri vuole che, in ogni caso, nasca una simpatica sfida tra le due mamme, chiamate a confrontarsi su temi casalinghi quali pulizia della casa, catering&banqueting, potenza della lavatrice e così via. Le consuocere che provengono dalle stesse abitudini alimentari e domestiche partono dagli stessi presupposti: ma quali scenari apocalittici si aprono se le due entità, entrambe mamme ed entrambe donne, arrivano da due mondi lontani anni luce?
In poche parole: sono una sopravvissuta e, in quanto tale, racconto la mia storia. La storia dei suoceri piemontesi in visita durante una festività – periodi caldi come il forno sempre acceso – a casa dei genitori calabresi della sottoscritta. Il racconto sarà inframmezzato dai post scritti su Facebook proprio mentre il tutto stava avvenendo: per toni e intensità altamente drammatica, se ne consiglia una lettura solo a un pubblico portatore sano di Sud Italia.
Innanzitutto (come già per il Natale in Calabria) mai, mai sottovalutare la potenza intrinseca dell’attività preferita dei genitori calabresi con chiunque appoggi le stanche membra sulla sedia del tavolo patronale ( in legno massiccio, si allunga fino a raggiungere le 24 postazioni): quella dell’insistenza. Insistere e ancora insistere: per un bis, per un assaggio, per un sorseggio. Se non hai mai assaggiato il vino del nonno, un padre calabro non può concepire il motivo per cui tu, inetto commensale, debba rimanere all’oscuro del sapore delizioso di quello che lui ritiene il nettare degli dei. Lui non chiede se vuoi assaggiarlo: tu devi assaggiarlo, anzi, fa che versartelo direttamente nel bicchiere, guardandoti fisso fino a che non avrai bevuto l’ultima goccia e pronunciato le parole magiche: “Buonissimo“.
Di solito il commensale medio, vuoi perché ciò che gli si para davanti è buono vuoi perché non ne ha la forza, non sa dire di no, dunque accetta, rendendo il padre calabro orgoglioso del fatto che nessuno sappia dirgli di no e innescando un meccanismo vizioso che non farà che accrescere la potenza dell’attività preferita dei genitori calabresi. Che, ricordiamo, è insistere fino a farti uscire sangue dal naso per lo sforzo di trovare una scusa gentile che non sia un NO troppo drastico.
Ma cosa accade quando i commensali si oppongono, come nel caso dei consuoceri piemontesi, poco avvezzi ai piaceri della tavola? Oltre alla delusione che incombe sui genitori calabresi per il mancato assaggio del pecorino “come ce lo abbiamo solo noi”, arrivano anche le conseguenti occhiatacce della figlia inetta che invoca non solo la morte subitanea ma soprattutto la fine del momento insistenza.
Che però non arriva mai.
Il problema della famiglia calabra è che è davvero convinta che tutto ciò che sboccia e fiorisce sul territorio natio sia meglio di qualunque altra cosa prodotta altrove, sempre che la terra, nelle desolate lande del nord, riesca davvero a produrre qualcosa di commestibile. Questo ovviamente si ripercuote sul commensale che, ignaro, si siede alla destra del padre calabro e pensa di cavarsela con un’insalata scondita per disintossicarsi dalle grandi mangiate di Pasqua.
Questo in Calabria non è possibile. Una bruschetta non può essere di solo pomodoro, una polpetta di sola carne, una pizza di sola mozzarella e pomodoro. Una lezione che i consuoceri piemontesi hanno imparato a loro spese.
Mamma calabra, dal canto suo, che fa? Avendo ricevuto il veto da parte della figlia di cucinare il giorno di Pasqua, si è recata insieme agli altri in agriturismo, cercando di non criticare l’operato di ignari camerieri.
Ma il bello non è arrivato il giorno di Pasqua, bensì quello di Pasquetta, come la foto in alto dimostra (e come già vi avevo raccontato nella Guida al Picnic calabro perfetto). Per questo, come per tutte le cose belle, dovrete aspettare la seconda parte di Suoceri Piemontesi in visita dai genitori calabri: come mamma calabra ti apparecchia una panchina offrendoti carciofi impanati.
matteo says
Ottimo, articolo davvero interessante, era proprio quello che cercavo! Grazie per lo spunto!
Davide says
Bellissimo! Se solo non fosse scritto tutto in corsivo che ora della fine ti sanguinano gli occhi come la Madonna di Civitavecchia. Sforzo cmq ripagato dalla bellezza del post 🙂