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[Intervista] Quando scrivevo per il Cioè

26 novembre 2014 | Scritto da Giovanna Gallo | Lascia un commento

La signora dell’edicola di Piazza Nizza, a Torino, mi ha detto che le ragazzine lo comprano ancora, il Cioè. Sono più piccole di una volta – 9, 10 anni al massimo – e impazziscono per gli smaltini, i rossetti e i gadgets che trovano nella confezione. Le notizie sui loro attori e cantanti preferiti, quelle le trovano sugli smartphone e sul pc: non hanno più bisogno delle esclusive delle riviste che trovano in edicola quando ormai l’esclusiva è evaporata.

Allora ne ho comprato uno anche io e ci ho guadagnato tre cose: una palette di ombretti dalle tenui sfumature mattone; la copertina adesiva con sopra i 5SOS (5 seconds of summer, n.d.r.); tanti ricordi.

Quando ero alle elementari il Cioè era un must-have insostituibile. Costava 3.500 Lire, un piccolo gruzzolo che nessuno possedeva a meno di avere nonni generosi o paghette settimanali. Raccontava di mondi meravigliosi e lontani e di boyband nascenti, e storie d’amicizia con fotoromanzi che cristallizzavano sorrisi e gesti e poi ti facevano scoprire qualcosa in più su amici, amore e sesso.

Come tutte, ho un sacco di ricordi legati al Cioè: quella trousse della Naj Oleari a forma di sole per cui ho tormentato mia madre per intere settimane (sapevano crearla bene l’aspettativa, allora…), l’operazione al cuore di Brian dei BackStreetBoys, che ci ha lasciato in pena per un mese prima di avere notizie che allora ci sembravano fresche (“Sta bene! E’ vivo!”) e che in realtà arrivavano con un gap di settimane, e poi ancora le copertine staccabili che finivano sui diari, e che lasciavano un vuoto bianco sul numero della settimana a forma di Robbie Williams. Che belli i tempi del Cioè, quando le informazioni ce le dovevamo guadagnare! Quando non era così facile seguire vita e gesta dei personaggi famosi e la fantasia era il solo per immaginare cosa stessero facendo!

Per scopi puramente sociologici ho comprato il Cioè: mi devo preparare per una grande intervista a un giornalista che nei primi anni 2000 collaborava con questa preziosa rivista di formazione. Mentre lavoro all'intervista, cosa ci ho guadagnato: 1 maxi poster di Miley Cyrus 2 smaltini viola, una palette di ombretti glitter e un gloss Shiny La copertina con gli adesivi staccabili #cioè #vintage

Una foto pubblicata da Giovanna Gallo (@gioska23) in data: Nov 11, 2014 at 4:56 PST

Per una nostalgica degli anni che furono come me, parlare di quei tempi significa raccontare un po’ quella che sono stata. E ho trovato in Antonio Incorvaia, professionista della comunicazione digitale, scrittore, autore di quel piccolo gioiellino che è Generazione Mille Euro, un degno sostegno. Perché lui, il Cioè non lo sfogliava mica soltanto, come facevamo noi: lui ci scriveva sopra. In questa intervista molto carina, mi sono fatta raccontare i retroscena di questa esperienza editoriale così particolare: buona lettura!

*Antonio, per quanto tempo hai lavorato come collaboratore di Cioè e in quali topici anni del decennio scorso hai vissuto questa esperienza?

Ho collaborato con Cioè dall’inizio del 2003 alla fine del 2005. Parafrasando gli 883, potrei dire che erano “Gli anni d’oro di Panjabi MC / gli anni dei Green Day e Dawson’s Creek / gli anni de I Bambini Fanno Oh / gli anni di Tom Cruise con Katie Holmes / gli anni di che belli erano i Blue / gli anni dei pendant di Winnie Pooh / gli anni del ci penseremo poi / gli anni del vorresti ma non puoi” (e qui, per noi “che porco Giuda potrei essere io”, il magone è di default).

*Di che tipo di articoli ti occupavi?

Principalmente dei test e delle rubriche fisse di amore e amicizia, ma mi è capitato diverse volte di fare anche interviste: ricordo con molto piacere quella agli Eiffel 65 (che all’epoca erano i miei Big preferiti) il giorno della tappa finale del Tim Tour a Milano e quelle a Valerio Pino di Amici quando era ancora – diciamo così – “al di sopra di ogni sospetto”. Per ogni tipologia di format, poi, mi divertivo a inventarmi degli alter-ego con uno pseudonimo e un character design ad hoc: quando scrivevo i test ero la misteriosa e profetica Cristalia (o, in alcune occasioni, la più modaiola e sofisticata Valentina Dal Prà), mentre quando scrivevo le rubriche di amore e amicizia ero il saggio e compiacente Lorenzo Simone, firmando a mio nome solo le interviste per ovvie ragioni di autenticità e autorevolezza. Fortunatamente avevo una personalità pluridissociata già prima di iniziare a scrivere per Cioè, quindi ho dovuto soltanto mettere a punto alcuni dettagli stilistici che rendessero credibile ogni singolo alias…

*Come ci sei arrivato?

Ho sempre avuto un fetish compulsivo per i teenmagazine, sin da quando ero adolescente. E mentre i miei amici si chiudevano in bagno con i porno rubati a fratelli e cugini (o, quantomeno, questo era ciò che raccontavano), io passavo il tempo a studiarmi e catalogare tutti i giornalini che popolavano le edicole negli Anni ’80, quando l’editoria di settore era all’apice di un fulgore straordinario alimentato in massima parte da spin-off o cloni di Cioè: mi vengono in mente Hallò, Rimmel, Debby, Dolly, Ragazza In, Stelle & Strisce, Pop Corn, Pupa, Rosa Shocking, OK Boys, Boy Comics e Mattissimo, per citarne alcuni… Non è stato un caso, quindi, che la prima rivista con cui ho collaborato fosse un teenmagazine (Dippiù Musica, nel 1999), e che – qualche tempo dopo – sia stato proprio il direttore di Dippiù, Lucio Mazzi, a suggerirmi di contattare Marina Mannino, la caporedattrice di Cioè. E ovviamente, per tutto quello che Cioè rappresentava sul mercato e nel mio vissuto, non ci ho pensato due volte.

*Adesso ne parli piuttosto liberamente, e ci credo: quanto mi vanterei io se fossi al tuo posto! Ma all’epoca, quando il Cioè era ancora LA rivista delle teen, quando ti chiedevano “per chi scrivi” ammettevi la collaborazione, glissavi, o mentivi, fingendoti collaboratore di un Sorrisi e Canzoni qualsiasi?

Ne sono sempre andato orgoglioso, sin da quando mi hanno fatto “abile & arruolato” e ho inviato sms di giubilo a mezzo mondo come fosse il giorno di Natale! Peraltro, in quel preciso segmento editoriale, Cioè rappresenta da sempre il top di gamma (oltre ad avere 35 anni di storia mentre i competitor, nella migliore delle ipotesi, arrivano a malapena a 3), il che è come dire che scrivi per L’Espresso se ti occupi di politica o per Quattroruote se ti occupi di motori… Non ci ho mai visto nulla di imbarazzante, e non ho mai capito perché molta gente, parlandone, si vergogni di più ad ammettere che comprava/leggeva Cioè anziché a confessare di non pagare le tasse.

*Entriamo nel merito dei tuoi articoli: eri sempre tu a scegliere l’argomento, data una linea editoriale, oppure ti venivano consegnati dall’alto?

Entrambe le cose: quando avevo io delle idee per test, rubriche e interviste le proponevo liberamente, e quando c’erano esigenze precise su contenuti mirati era la redazione che mi assegnava d’ufficio il pezzo. Devo dire, comunque, che non mi è mai stato imposto di scrivere niente che non fosse – almeno potenzialmente – nelle mie corde (o in quelle di Cristalia, Valentina Dal Prà e Lorenzo Simone).

*Ricordo vagamente gli articoli del Cioè dei miei tempi, perché ero troppo abbacinata dai cosmetici in regalo e dalle copertine adesive con la faccia di Nick Carter, ma posso dire con certezza che lo stile non fosse proprio tra i più “alti” per ovvie ragione di linea editoriale e target. Tu come ti sentivi rispetto a quello che dovevi scrivere?

Ti rispondo con un aneddoto… Il test di prova che ho scritto per Cioè (il proverbiale “test d’ingresso” nel vero senso della parola) – non me lo dimenticherò mai – mi è stato rimbalzato quattro-volte-quattro: la prima perché era troppo serioso, la seconda perché era troppo ironico, la terza perché nei profili non c’erano consigli e la quarta perché c’erano dei consigli che nemmeno mia nonna in carriola. Ebbene: ancora oggi la considero una delle esperienze più formative di 15 anni di lavoro… È vero, per rivolgersi al pubblico teen serve un codice apparentemente semplice e basico, ma dietro a quel codice si nasconde una riasciacquatura linguistica che richiede veramente olio di gomito (soprattutto in mancanza di sostanza stupefacenti).

*Cit. da Cioè: se le ricordi ancora, ci butti qua e la due o tre frasi topiche da te scritte e successivamente pubblicate di cui ancora ti vergogni?

Farò di più: siccome conservo ancora tutti gli articoli che ho scritto per Cioè nell’hard disk del mio pc, ti copio&incollo di seguito i titoli (e relativi catenacci) dei cinque che ci tengo a riconsegnare ai posteri – e, voglio sperare, a Google – a 10 anni di distanza:

AMICI… SIAMESI!

Ti sei innamorata di un boy che non si separa un attimo dal suo best friend. Come fare per dichiarargli ciò che provi senza che l’altro si intrometta?

MA CHE CI TROVI IN QUELLO LÌ?!?

Stai insieme a un ragazzo che alle tue amiche non piace, e tu sei presa da mille dubbi… Non allarmarti, e impara a distinguere i consigli sinceri da quella che invece è soltanto gelosia!

DISCUTERE SÌ… LITIGARE NO!

Quando non la pensate allo stesso modo, tu e il tuo boy potreste trasformare le vostre divergenze in occasioni costruttive anzichè buttarla subito in rissa! Fai tesoro dei nostri consigli e la prossima volta ti sarà più semplice smorzare i toni…

VIENI CON ME!

Dove porteresti il ragazzo che ti piace per fare colpo su di lui? Fai il test e scopri se sei un tipo da serata romantica o da avventura tra le stelle!

HAI LA COTTA FACILE?

Sei una tipa da colpo di fulmine o prima di lasciarti andare vuoi essere sicura al 100% dei tuoi sentimenti? Rispondi alle domande del test e lo scoprirai!

E ora ammettilo: non ti è venuta una voglia irrefrenabile di leggerli tutti?

*Dicci tutto quello che sai sulle meravigliose “Domande al cioè” e quanto di vero c’era nelle angosciose richieste d’aiuto di chi credeva di essere rimasta incinta dopo una strusciatina.

Beh, ti posso dire l’unica cosa che so, ovvero che erano assolutamente autentiche! Ho visto con i miei occhi pacchi di “letterine” vergate a mano (è vero che nel 2003 si usavano già le mail, ma puntare su inchiostro glitterato, impronte di rossetto e stickers aumentava considerevolmente le probabilità di distinguersi e, quindi, di essere pubblicate) e posso certificare – per quanto surreale sembri – che non c’era davvero niente da inventare. Peraltro, anche qualora si credesse di rimanere incinte dopo una strusciatina, ritengo che sia comunque meglio chiedere aiuto a Cioè anziché a Padre Pio…

*Ho comprato il cioè numero 77, anno del Signore 2014, ben 18 anni dopo che non ne acquistavo uno,  e scoperto un mondo di Star e boyband di cui non conoscevo l’esistenza. Oltre a questo, ho scoperto che Il target medio mi sembra però molto più basso come età rispetto a quelli di una volta: probabilmente perché oggi le 14enni possono già consultare internet e non aspettano certo un magazine in edicola per scoprire se Niall, o Diall, o John dei 1D si è fidanzato oppure no. Ai tuoi (nostri) tempi, a che tipologia di pubblico parlavate?

Hai ragione, l’età delle lettrici di Cioè si è abbassata drasticamente. Quando ho iniziato a leggerlo io, ormai 30 anni fa, gli articoli (nella fattispecie quelli sul sesso) erano molto più arditi e strutturati; oggi – con la nuova gestione Panini, che da settimanale lo ha fatto diventare quindicinale – la componente testuale è diventata un accessorio superfluo e il target è di almeno 4/6 anni più giovane. In parte è come giustamente dici tu: le 14enni dell’anno del Signore 2014 hanno tutte le informazioni che vogliono in tempo reale senza dover aspettare due settimane (escludendo i tempi di stampa, che quando scrivevo io erano di circa due mesi, il che rende pressoché impossibile a priori la competizione con Internet). In parte è perché, contemporaneamente, si è abbassata anche l’età alla quale le teenager accedono a riviste decisamente più adulte (Glamour, Cosmopolitan o Vanity Fair, per esempio), che quindi finiscono per sovrascrivere quelle che vengono identificate poco più che rigurgiti d’infanzia.

*Ti lascio andare a ruota libera: sono golosissima di conoscere curiosità, aneddoti e tutto quello che ti viene in mente di quando lavoravi in Cioè.

Intanto, come immagino avrai capito, sono stati 3 anni memorabili, che mi hanno permesso di imparare a osservare la realtà con un occhio completamente diverso dall’approccio distaccato e disincantato che avevo prima (anche perché arrivavo da una laurea in Architettura, e quindi non ero abitutato ad analizzare così in profondità le sfumature psicologiche delle persone). Come racconto sempre ai miei studenti dello IED, se non avessi lavorato per Cioè a quest’ora sarei ancora convinto che la profilazione di un target si faccia con i focus group e le indagini di mercato – come pensano, purtroppo, fior di luminari e direttori marketing – anziché con l’osservazione e l’analisi “sul campo”.Un elemento che mi colpì molto, addentrandomi nella conoscenza delle adolescenti, fu il ruolo dei genitori: da una parte erano evidentemente assenti o distanti (prova ne siano le richieste di aiuto a un giornale se si crede di rimanere incinte dopo una strusciatina), ma dall’altra erano ancora più accalorati delle figlie nell’alimentare il loro fanatismo. Ricordo che la sera della finale del Tim Tour a Milano ci fu quasi una rissa tra le mamme e i papà di alcune fan degli Eiffel 65 che volevano l’autografo di Gabry Ponte, quindi non voglio immaginare cosa può succedere nel backstage dei concerti delle boyband.Infine, come in ogni amarcord che si rispetti, voglio chiudere con il “momento strappamutanda” lanciando un appello… Dei 3 anni di collaborazione con Cioè ho un solo, grande rimpianto: quello di non essere riuscito a partorire un articolo decente di 1.400 battute su Keanu Reeves, che Marina Mannino mi fece riscrivere senza successo (e, alla fine, senza speranza) per tre volte prima di rassegnarsi a farlo da sola. Ebbene, a 10 anni di distanza mi sento finalmente pronto a cancellare l’onta di quell’#epicfail e dico a Marina: ho capito dove sbagliavo, rimettimi alla prova e non fallirò più!

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Categoria: Costume & Società, Lifestyle, Revival
Tag: anni novanta, antonio incorvaia, backstreet boys, Cioè, dawson's creek, intervista, leggere cioè

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