Ci sono delle cose che ti dicono da bambino a cui credi per tutta la vita. Per cui, se da piccolo ti hanno detto che il tuo amico pulcino, trasformatosi in gallo prode, valoroso e pacioccone, è stato selvaggiamente rapito, tu non potrai mai pensare che un giorno, rimestando il tuo brodo di pollo, stai in realtà mescolando i poveri resti del tuo amico gallo pacioccone. Oppure, se da piccolo ti hanno detto che se pronunci una parola nello stesso momento in cui la pronuncia un altro devi toccarti il naso altrimenti non ti sposi, questo vizio ti rimarrà per sempre.
Poi ci sono quelle idee sbagliate che ti fai su una cosa, una persona o una situazione e che nessuno rettifica. Una delle cose più sconvolgenti che riguardano le false credenze piazzatesi in testa e mai messe in dubbio riguarda la canzone Maracaibo. Visto il ritmo latino e facilmente sfruttabile per l’ancheggio caliente, ti convinci che Maracaibo sia una canzone non allegra, di più. Divertente, frizzante, ipnotica. Una di quelle canzoni ever-green che balli sempre in discoteca, alla festa di fine anno, al ballo di Primavera, all’addio al nubilato. Sullo “ZàZà” d’ordinanza, orde di donne sventolano i capelli e muovono il fondoschiena. Su “Rum e Cocaina” ci si scatena al suono del proibito e dello sballo. Sono due le false credenze su Maracaibo: la prima è che sia una canzone di Raffaella Carrà, la seconda che sia la Macarena degli anni ’80.
In realtà, Maracaibo è di Lu Colombo (scritta a quattro mani con David Riondino) ed è una canzone triste, con dei risvolti politici e sociali che non ne permisero l’incisione per molti anni, fino a quando non la trasformarono in una scanzonata ballata dance andante, adatta al pubblico medio dimenante in discoteca. La storia di ZaZà (che non è un espediente per ondeggiare le chiome a ritmo ma il nome della protagonista) parte a Maracaibo, in un bar chiamato Barracuda, dove fa la ballerina e la trafficante d’armi. Zazà di sollazza con Miguel, che in realtà è Fidel (Castro), ma Miguel non c’è mai e allora passa a Pedro, ma quando Miguel scopre l’affaire le spara quattro colpi. Il mare forza nove che, di solito, è la parte più conosciuta del testo è in realtà il nemico che butta Zazà in mare, in preda al pescecane che la azzanna. Distrutta, apre un bordello, si lascia andare bevendo troppo e pippando allegramente, fino a pesare 130 chili. Fine della canzone. Avete ancora voglia di ballare? Zazà.
Un’altra credenza condivisa dalla popolazione mondiale media è che la storia dei Beatles, sia legata solo ai quattro nomi classici, John, Paul, Ringo e George. Quelli di “Hey, Jude“, “Yesterday” e “All you need is love” sono loro quattro e nessun altro. Ma in pochi sanno che, proprio agli inizi della loro carriera, durata praticamente solo un decennio, c’era un altro al posto di Ringo Starr e il suo nome era Pete Best. Pete comincia la carriera con i Beatles quando questi non erano famosi e si fa il mazzo nella famosa tournée ad Amburgo e poi nei sotterranei del Pub Cavern. E’ uno timido, Pete, non gli piace drogarsi come gli altri, non ama le groupies, gli piace suonare e se ne va in giro con la band da mattino a sera, negli anni più difficili. Con gli altri, alla batteria, Pete Best è un beatle.
All’arrivo del primo contratto, Starr subentrà a Best, beccandosi il momento migliore senza aver passato quelli peggiori di povertà, sacrifici e insuccessi. E Pete Best? Liquidato. Un po’ di anni dopo, Paul McCartney lo gratificò con un po’ di soldi. Niente che si possa paragonare alla Beatles-mania, comunque.
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Questo post è dedicato al mio pulcino-Cino, poi diventato gallo-Cino, poi diventato brodo di pollo. Love.
E a Pigna, che in una sera di Primavera mi aprì le porte dell’ossessione.
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Foto di copertina: una veduta di Maracaibo, località del Venezuela.
[…] This post was mentioned on Twitter by Davide Licordari and Giovanna Gallo, Giovanna Gallo. Giovanna Gallo said: Pete Best, sapete chi è?E' il mio mito.Un uomo che non si fila più nessuno.Tranne me http://bit.ly/c5Iycz […]